lunedì 22 luglio 2013

Il Fuoco del Bundan



Non ho mai amato la "tradizionale" accensione del fuoco di mezzanotte. 
In generale l'ho sempre vissuta come l'inevitabile, noioso, antistorico, ridicolo passaggio prima delle danze, il prezzo da pagare per dare il via alla festa dei rievocatori, quel meritatissimo intermezzo ludico tra le attività diurne dei campi e il sacrosanto riposo.

Non ho mai trovato nulla di "sacro" in quel fuoco, una pira di un paio di metri zuppa di benzina e, troppo spesso, un improbabile druido che vomita qualche stupidaggine pseudo-newage zampettando nervosamente tra le fiaccole accese. Dilettanti lanciati su un palco impolverato, ne veri sacerdoti ne tanto meno buoni attori, capaci di coinvolgere ed emozionare.
Come rendere più gradevole questo momento tanto amato dai visitatori, quanto mediamente mal tollerato dai rievocatori? Cos'abbiamo di universalmente e comprensibilmente SACRO da offrire al pubblico?

Ho trovato la risposta a questo Bundan, e sembra un paradosso. L'unica ragione valida per accendere quella pira, l'unica cosa che valga davvero la pena di celebrare, che accomuna noi rievocatori col pubblico li radunato: Empatia. 

Quel senso di appartenenza che alimenta la nostra passione, che ci fa trascorrere notti insonni davanti ad una macchina da cucire, a macinare tomi noiosissimi alla ricerca di quel dettaglio storico, quel particolare, che quando lo trovi ti sembra di aver scoperto un tesoro nascosto. Che ti fa sentire orgoglioso e un po' deficiente, che quando lo spieghi ai tuoi amici ti prendono per matto, ma poi li, davanti a decine di estranei ti viene naturale come parlare al bar. 
Quell'idea che ti rimbalza nel cervello, che ti fa credere che i millenni passino ma lo spirito si conservi, che gli esseri umani amano, vivono, muoiono, sognano, ancora nello stesso modo, che si emozionino ancora per le stesse cose, che conservino ancora le stesse paure e speranze, che abbiano ancora bisogno di credere negli stessi immortali concetti. 
Quel sentimento che ci ha fatto scegliere di rievocare i celti, i romani, i greci, in quel modo e non in un altro, perché li sentiamo vicini, affini, e non vogliamo che vengano dimenticati, non solo per amore nei confronti della storia, ma perché in qualche modo stiamo parlando di noi, del nostro modo di vedere e vivere il presente. Che non si ferma a noi, ma se siamo bravi riusciamo a trasmetterlo anche a chi ci vede e ci ascolta.
Quella voglia di condividere tutto questo, di comunicarlo, di esprimerlo, a tutti.
Le Idee i sentimenti sono immortali come gli Dei, e forse sono la stessa cosa.
L'empatia è una bestia feroce e bellissima, ti prende in modo inaspettato, nei momenti e nei luoghi più strani, morde e non lascia la presa. E' un'immagine su un vaso, una pittura su una roccia, un odore antico come il mondo, una preghiera di qualche millennio fa.
Accendiamo il fuoco per NOI, per quel senso di sacro che avvertiamo ogni giorno, non solo nella rievocazione.

Quest'anno al Bundan, Tabos, Corvinus e Aristocle hanno fatto questo, e io ho potuto ascoltare le parole di Tiziano, Paolo e Roberto, sentirli spiegare al pubblico e ai rievocatori il perché facciamo tutto questo, perché lo spirito dei celti, dei romani e dei greci è ancora così vivo e potente per noi.
BELLO. Emozionante, gratificante e coinvolgente.
Quindi grazie ragazzi, grazie a tutti, a chi ha fatto e chi ha organizzato. Chi ci ha messo la faccia, sudore e impegno, a chi ha applaudito e chi si è emozionato. 


Sabato notte ho bruciato e danzato più del fuoco.

Aletheia

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