
Di farmaci quanti ve ne sono a rimedio di mali e di vecchiaiasaprai, dato che solo per te darò compimento a tutto questo......e trarrai dall'Ade l'anima di un morto.
(Empedocle, DK 31 B 111)
Ciò derivava dalla convinzione che Physis, la Natura, fosse un Essere unico, che apparentemente si articolava in tutti i fenomeni a cui assistiamo ma che manteneva, essenzialmente, una unità interna. L'epiteto che, negli Inni Orfici, era associato a Physis era infatti allotriomorfodìaitos, cioè "che resta se stessa attraverso numerose trasformazioni".
Su questa base, i Greci sceglievano gli ingredienti per i loro farmaci e per i loro rituali magici, basandosi sulla somiglianza dell'ingrediente con l'ente che si diveva influenzare.
Il simile attrae il simile, questa era l'idea fondamentale che muoveva le loro considerazioni e con questa idea osservavano il mondo vegetale, animale e minerale.
Si agiva sempre col beneplacito degli dèi, in quanto la malattia era vista come un fenomeno che si manifestava in conseguenza della frattura del rapporto armonico fra uomo e cosmo. Tale frattura causava l'ira delle divinità - che dovevano essere placata con offerte e incensi appropriati - e permetteva l'accesso al corpo ale forze oscure che procuravano i mali.
La parola greca per "rimedio" era infatti pharmakon, che significa contemporaneamente "cura" e "veleno". Tale simbologia torna nel simbolo, tutt'oggi usato, dell'arte medica, il "caduceo", il bastone circondato da serpenti.

Inoltre, durante la muta, l'animale sembra morto: resta fermo, non mangia e le sue scaglie diventano opache, salvo poi "rinascere" dopo aver abbandonato la sua vecchia pelle.
Nessun commento:
Posta un commento